venerdì 30 marzo 2012

Risposta alle mie perplessità

A quest'articolo in cui esprimevo le mie perplessità sul viaggio in Israele proposto da Angelo Pezzana, una nostra socia ha voluto rispondere:
Ciao, Raffaele!
Intanto, grazie per aver condiviso. La mia posizione, senza entrate nei dettagli è: più persone vanno in Israele, meglio è. Finché rimane uno spazio astratto, lontano, non ci può essere un coinvolgimento sincero. Anche se ti fanno parlare con persone che sono contrari alle tue idee, o ti fanno camminare sui territori, non è che significa automaticamente cancellare la propria posizione e contaminarsi. Anzi, verificare di persona non fa altro che rafforzare. Ed è sempre meglio che restare a casa. Per quanto riguarda le gite, sono stata a Ein Gedi e a Massada, le frontiere storiche sono qualcosa di astratto, in realtà sono pochi chilometri di distanza. In quelle zone molte strutture turistiche sono gestite dagli arabi e andando a spendere qualche soldo aiuti loro a vivere. Per il resto mi ricordo che Tmol-Shilshom era un locale gay ancora nei primi anni Novanta quando vivevo li, ma all'epoca non avevo soldi per entrarci!
e la ringrazio per l'equilibrata risposta.

Mi permetto di replicare però a questa sua frase:
le frontiere storiche sono qualcosa di astratto
Lo so, la Linea Verde fu esplicitamente dichiarata come provvisoria negli armistizi del 1949, però esiste un'Iniziativa Araba di Pace, promulgata nel 2002, continuamente reiterata dalla Lega Araba, ed avallata pure dall'Organizzazione della Cooperazione Islamica per cui il ritiro di Israele all'interno della Linea Verde (che da allora in avanti diverrebbe confine definitivo), e la nascita di uno stato palestinese aldilà di essa porterebbero al riconoscimento di Israele, alla fine dello stato di guerra, ed alla normalizzazione delle relazioni diplomatiche tra Israele ed i paesi arabi ed islamici che ancora non lo riconoscono.

Mi pare che Israele non possa chiedere di più, salvo magari concordare delle rettifiche al futuro confine di stato; però nessuno ha risposto ufficialmente a quest'iniziativa, che pure è alla base di tutte le mosse della comunità internazionale. L'unico ad averne parlato è stato qualche anno fa il presidente Shim'on Peres, che ha ricordato ai suoi compatrioti che quest'iniziativa doveva essere presa in considerazione anziché ignorata.

Raffaele Ladu

giovedì 29 marzo 2012

A proposito del viaggio in Israele

Il nostro blog fa pubblicità al viaggio in Israele proposto da Angelo Pezzana. Ottima iniziativa, ma suscita in me alcune perplessità.


In verde i territori occupati nel 1967
 La principale è data dal fatto che l'itinerario comprende territori aldilà della Linea Verde, quella che ha fatto da confine tra Israele, Giordania e Siria tra il 1949 ed il 1967. Sono territori la cui occupazione continua ad essere deplorata dalla comunità internazionale, e che dovranno essere restituiti a Siria e Palestina (salvo alcune rettifiche di confine concordate tra le parti, ovviamente) se Israele vorrà fare la pace con il paese che esiste già e con il paese che deve nascere.

Viaggiare in codesti territori come se facessero parte dell'"Israele proprio", cioè del territorio internazionalmente riconosciuto ad Israele, non è cosa innocua - equivale ad affermare che Israele ha un diritto a quei territori che la comunità internazionale gli nega. Vuol dire in un certo senso rendersi complici dell'occupazione e delle sue conseguenze, e chi ha organizzato il viaggio lo sa benissimo.

E visitare insediamenti aldilà della Linea Verde, e spendervi del denaro, significa incoraggiare moralmente, politicamente e finanziariamente le persone che nel corso degli anni (ormai sono mezzo milione ed oltre) sono andate a violare la 4^ Convenzione di Ginevra, Articolo 49, Paragrafo 6 ed il 1° Protocollo Aggiuntivo, Articolo 85, Comma 4, Lettera a.

Tutto questo è avvenuto non per iniziativa individuale, ma con il sostegno finanziario, la costruzione di infrastrutture e la protezione militare del governo israeliano, cose che integrano la violazione di codeste norme del diritto internazionale umanitario.

Ein Gedi è appena aldilà della Linea Verde, e se da lì si vuole andare a Masada ed a Sodoma (località entrambe al di qua della Linea Verde) il modo più semplice e rapido è costeggiare il Mar Morto, anche nella parte aldilà della Linea Verde.

E le alture del Golan che si prevede di visitare sono territorio conquistato da Israele nel 1967; Kiryat Shmona invece appartiene ad Israele dal 1949.

Della "Foresta LGBT" non sono riuscito a trovare l'ubicazione, ma mi pare improbabile che sia nel Golan, se davvero è nel territorio di Kiryat Shmona; in compenso posso farvi ammirare questa fotografia:

Ya'ar ha-Gaawah = La foresta dell'Orgoglio [gay]
Cartello superiore: "Unione degli omosessuali, delle lesbiche, de* bisessuali e de* trans d'Israele".

Cartello centrale: "Ya'ar ha-Gaawah = Foresta dell'Orgoglio [gay]".

Cartello inferiore: "Piantata per mano delle amiche e degli amici della comunità per promuovere l'eguaglianza, la libertà ed i diritti della comunità LGTB [sic] d'Israele. Tu biShvat 5764 - 7 Febbraio 2004".

[Tu biShvat, ovvero 15 del mese di Shevat, è la festa ebraica del "Capodanno degli alberi", in cui per tradizione si piantano molti alberi in Israele]

Altra perplessità è data da un'assenza e da una presenza tra le persone che si prevede di incontrare. 

Nitzan Horowitz
L'assenza è quella di Nitzan Horowitz (Wikipediasito Knesset, sito personale), l'unico deputato israeliano dichiaratamente gay; e mi chiedo se la sua assenza non sia motivata dal fatto che lui è del Meretz (ebraico, inglese), ovvero il più a sinistra dei partiti sionisti, membro a pieno titolo dell'Internazionale Socialista (come potete leggere qui, i Laburisti israeliani sono stati invece degradati ad "osservatori" per morosità!).

La presenza che non mi piace granché è quella di un giornalista di Israel Hayom ("Israele oggi"), che è sì il quotidiano più diffuso in Israele, ma perché è distribuito gratuitamente - non deve dimostrare ai suoi lettori che vale tutte le agorot [centesimi] che spendono per comprarlo!


Sheldon Adelson
Ciononostante, offre un giornalismo di qualità, anche se fortemente orientato a destra - e chi paga? Sheldon Adelson, l'ottavo uomo più ricco degli USA secondo Forbes, ed abbastanza agli antipodi di George Soros (Wikipedia, sito personale).

Adelson in Israele sostiene Benyamin Netanyahu (tanto che quest'articolo lo definisce "l'americano dietro la destra israeliana", e descrive la sua influenza politica nel paese, esercitata attraverso i media, in termini che riecheggiano Berlusconi) e, quello che è peggio, Newt Ginrich (Wikipedia, sito ufficiale) in America.

Newt Ginrich
Ginrich si è fatto dis-onore proclamando che "i palestinesi sono un popolo inventato", ed Adelson (secondo Wikipedia) ha approvato; entrambi hanno a quanto pare scordato che un popolo è un gruppo sociale, ed i gruppi sociali sono socialmente costruiti.

Ergo, a rigore tutti i popoli sono inventati (compresi quelli a cui mi vanto di appartenere, ovviamente), e la nozione di "popolo" è performativa come quella di "genere": ci comportiamo come se i popoli esistessero realmente, ne parliamo come se ne avessimo esperienza diretta, e così diamo loro vita.

Senza contare che con quella frase Ginrich avrà fatto un piacere al suo amico e sostenitore Adelson, ma ha buttato nel cesso vent'anni di politica estera americana bipartisan.

Non solo: Ginrich è sempre nel mirino della gloriosa rivista LGBT americana The Advocate per le sue posizioni antigay; quest'articolo cita alcune dichiarazioni e ne riassume altre, da cui appare che:
  • per Ginrich il matrimonio deve essere solo tra uomo e donna;
  • lui vuole modificare la Costituzione federale USA per vietare in tutti gli stati il matrimonio arcobaleno (il DOMA, che impedisce al governo federale di riconoscere i matrimoni arcobaleno legittimamente contratti nei singoli stati, a quanto pare non gli basta);
  • vuole reintrodurre il DADT (Don't Ask, Don't Tell), ovvero il divieto per i militari americani di palesare il loro orientamento omosessuale (e l'osservazione che nelle forze armate non si deve mettere in piazza il proprio orientamento sessuale è un insulto all'intelligenza dei lettori - perché tutti voi sapete che in realtà lui sta dicendo che l'unico orientamento sessuale degno di essere pubblicizzato è quello etero);
  • è convinto che l'omosessualità sia in parte una scelta che deve essere scoraggiata (e qui forse ha giocato il fatto che "homosexuality" in inglese significa anche "comportamento omosessuale", non solo "orientamento"), il che dimostra che per lui etero e gay sono diseguali per definizione;
  • vuole anche perseguire i gruppi gay che, a suo dire, molestano quelli antigay (per esempio, chiedendo insistentemente chi paga i conti della National Organization for Marriage, osservo io).
Non è per niente che Ginrich è stato "glitterato" (l'equivalente contemporaneo delle torte in faccia) da un attivista gay il 17 Maggio 2011 - era ad un incontro del Minnesota Family Council, che vuole una modifica costituzionale che vieti l'eguaglianza nel matrimonio in quello stato.

Al che uno si fa una domanda: ma gliene importa veramente a Sheldon Adelson (ed al suo giornale Israel Hayom, chiamato in Israele "Bibiton = Bibi [Netanyahu] + 'iton [quotidiano]") dei diritti dei gay?

A giudicare dalla persona che finanzia, e continua a finanziare anche se le sue probabilità di arrivare alla nomination sono minuscole, e ci sono candidati repubblicani meno palesemente omofobi (come Mitt Romney [Wikipedia, sito ufficiale], che anche per questo è il beniamino di The Economist), direi proprio di no!

Il secondo giornale invitato a parlare del viaggio è Ma'ariv ("La sera"); giornale rispettabile, venduto nelle edicole, in grave crisi, meno a destra di Israel Hayom; Adelson tentò di acquistarlo nel 2007, e proprio perché non ci riuscì decise di fondare appunto "Bibiton".

Gli altri giornali israeliani, come The Jerusalem Post (destra), Yedioth Ahronot ("Ultime notizie" - centro), Haaretz ("Il paese" - sinistra - il mio preferito) sono assenti - per non parlare ovviamente di +972, un blog in inglese [+972 è il prefisso telefonico internazionale d'Israele] che sembra l'equivalente de "Il Manifesto".

L'itinerario prescelto ed i giornalisti invitati fanno pensare che si darà un'interpretazione destrorsa dell'esperienza israeliana (in genere, non solo di quella LGBT) - e si chiederà ai partecipanti al viaggio di fare cose che equivalgono a sostenere la destra israeliana e le sue scelte politiche.

Raffaele Ladu

martedì 27 marzo 2012

VIAGGIO IN ISRAELE 2 3 / 3 0 A g o s t o 2 0 1 2


VIAGGIO IN ISRAELE
2 3 / 3 0 A g o s t o 2 0 1 2


Il 2° viaggio organizzato da Angelo Pezzana alla scoperta di Israele e della sua comunità lgbt.

Lo scopo di questo viaggio è far conoscere Israele ai gay e alle lesbiche italiane, impegnati nel movimento e non.

La conoscenza della realtà gay e lesbica israeliana potrà essere l’occasione per un approccio fuori dagli schemi verso un paese molto noto ma poco conosciuto.

sabato 24 marzo 2012

I misteri della Grande Moschea di Parigi


Locandina in inglese
Dopo l'attentato a Tolosa che è costato la vita a sette persone, e che ha evidenziato la frattura tra ebrei francesi e mussulmani francesi, Haaretz ha pubblicato l'articolo [1], in cui si parla del film Les Hommes libres, uscito lo scorso autunno e dedicato ad un famoso cantante ebreo algerino della metà del '900, Salim Halali.

Nato nel 1920 e morto in solitudine nel 2005 dopo aver goduto di grande celebrità dopo la Seconda Guerra Mondiale (fu il primo cantante del Medio Oriente/Nord Africa a sfondare in Europa fondendo ritmi orientali ed occidentali), lui potrebbe essere stato uno dei beneficiari di un fatto di cui poco si parla perché pochissimi lo hanno riferito e non sopravvivono documenti: la Grande Moschea di Parigi, retta allora dall'imam Si Kaddour Benghabrit, avrebbe nascosto nelle sue cantine e nelle sue parti "haram = vietate" ai non mussulmani degli ebrei per salvarli dai nazisti - ed in altre occasioni, interpellata dai nazisti, dichiarò mussulmane persone che invece erano ebree.

Il patio della Grande Moschea di Parigi
Gli storici sono divisi se considerare questo un fatto od una leggenda, ed anche ammettendo che fosse accaduto, le opinioni sul numero di ebrei salvati nella Grande Moschea sono molto disparate: chi ha detto che erano stati salvati 1.732 partigiani, in gran parte ebrei, e chi ha ridotto il numero dei probabili salvati a poche centinaia o decine.

Salim Halali sarebbe stato uno di questi: perseguitato dai nazisti, chiese aiuto all'imam Benghabrit, algerino anche lui, che sulle prime si limitò a fornirgli dei documenti falsi che lo facevano passare per mussulmano; poi, visto che i nazisti non si lasciavano convincere, fece incidere il nome del padre di Halali su una pietra tombale ancora liscia che si trovava nel cimitero islamico di Parigi.

Quando i nazisti portarono Salim Halali lì per fucilarlo, lui riuscì a trovare quella lapide ed a convincere così i nazisti che anche lui era mussulmano (l'islam si trasmette per via paterna, al contrario dell'ebraismo [ortodosso], che si trasmette per via materna) - ed a scamparla bella.

Salim Halali sarebbe un personaggio molto interessante per il nostro centro: la sua musica era fusion ante litteram, in quanto mescolava stili di provenienza marocchina, araba, maghrebina, berbera, francese, spagnola ed ebraica - nulla di strano per un ebreo del Maghreb, appartenente ad una diaspora che risaliva alla distruzione del Secondo Tempio, e che aveva visto il susseguirsi di numerose civiltà con i loro influssi culturali.

Oltretutto, lui era anche gay; Ofer Aderet, l'autore dell'articolo, si stupisce che fosse "circondato da donne", ma i lettori di questo blog sanno che nemmeno questo è strano, perché ogni gay ha le sue frociarole; su YouTube, dove potete ascoltare questa ed altre sue canzoni, è scritto che Halali fondò a Casablanca un incredibile night-club composto da sei sale decorate in oro zecchino con autentici mobili Luigi XV - doveva essere un capolavoro di stile camp, perfettamente in linea con lo stereotipo che vuole i gay estremamente attenti all'estetica, e con la presunta gaiezza di persone come Botticelli, Leonardo, Michelangelo e Raffaello.

Questo però da spessore al personaggio, in quanto mostra che non solo egli era vittima di discriminazione multipla, ma doveva gestire un fascio di identità minoritarie; l'antisionismo (che questo blog non incoraggia, perché ci sono diversi tipi di sionismo, chi più chi meno pregevole) era una di esse, e gli fece provare la sgradevole esperienza di dover interrompere un concerto a Gerusalemme, perché dopo che egli ebbe detto in arabo: "Evviva la nazione araba!" gli spettatori gli tirarono addosso di tutto.

Come però mostra la copertina citata, ora Salim Halali è amatissimo dagli ebrei ed in Israele, e lo è anche nel mondo arabo - molti musicisti suonano le sue canzoni alle feste ed ai matrimoni, perché il suo stile riesce ad ammaliare chiunque, tradizionalista o modernista.

Si Kaddour Benghabrit (l'ultimo a destra) all'Eliseo
Il film sembra uscito al momento giusto, per ricordare al pubblico francese che non sempre gli arabi si sono comportati da nemici degli ebrei, e che sarebbe il caso di ispirarsi a quei tempi per ritrovare uno spirito di fraternità - anche se qualche storico avverte che, come non sono mancati né i cattolici eroici salvatori, né i cattolici biechi sgherri, così anche il comportamento degli arabi e dei mussulmani nei paesi occupati dai nazisti è stato assai variegato: se forse Benghabrit merita di essere chiamato un "Giusto delle Nazioni", altri arabi e mussulmani hanno invece servito i nazisti.

[2] è la recensione che Le Figaro ha dedicato al film - con più entusiasmo e meno dubbi storiografici di Haaretz.

Raffaele Ladu

martedì 13 marzo 2012

Un gruppo ebraico dedito all'odio


[1] http://www.advocate.com/Politics/The_Haters_Watch_Out_for_These_11_Groups/

La famosa rivista LGBT americana The Advocate ha pubblicato l'articolo [1], che elenca le ultime 11 new entries nella lista dei gruppi dediti all'odio di determinate categorie di persone (caratterizzate da razza, religione, etnia e, appunto, orientamento sessuale) tenuta dal Southern Poverty Law Center, un'associazione che combatte i crimini d'odio e ne assiste legalmente le vittime.

Leggere le 12 pagine dell'articolo è a volte divertente, a volte sconfortante; il primo dei gruppi citati è il più attinente all'argomento di questo blog (ebraismo ed Israele), e si chiama Jewish Political Action Committee = Comitato di Azione Politica ebraica, con sede a Brooklyn, New York City.

Come vedete dalla foto a sinistra (riprodotta da Advocate), questo gruppo reitera la tradizionale posizione ebraica (ed in modo molto più acritico della maggior parte degli ebrei ortodossi) secondo cui l'omosessualità maschile è peggiore dell'omicidio.

Ma la cosa più divertente è che l'articolo riferisce che ad una manifestazione costoro avevano mostrato un paio di giganteschi canini per ammonire i passanti che il matrimonio gay (ora legale a New York) avrebbe portato al matrimonio tra uomo e cane.

Un fautore del matrimonio gay ebbe la "chutzpah = faccia tosta" di rispondere che quest'affermazione era un'offesa al suo cane maltese :-)

Raffaele Ladu

martedì 6 marzo 2012

Sempre più partiti israeliani hanno la divisione LGBT

Dibattito al Bar Evita

L'articolo riferisce di un dibattito che si è svolto questa settimana al bar Evita di Tel Aviv-Yafo (mappa, Facebook) tra rappresentanti del Likud e del Partito laburista, volto a presentare le divisioni LGBT di codesti partiti.

Un tempo soltanto i partiti di sinistra Meretz e Hadash avevano una divisione LGBT, poi si è aggiunto il partito di centro Kadima, ed infine stanno nascendo le divisioni LGBT anche dei già citati Likud e Laburisti; il risultato è che ora quasi tutti i partiti politici israeliani non religiosi e che si rivolgono soprattutto all'elettorato ebraico hanno la divisione LGBT - ad essi si aggiunge Hadash, che vuole uno stato in cui non abbia importanza essere ebreo od arabo, e si sottrae Yisrael Beiteinu, il partito del multivituperato ministro degli esteri Avigdor Lieberman.

Coloro che hanno partecipato al dibattito hanno detto una cosa molto giusta, ovvero che uno non deve scegliere tra votare a destra perché queste sono le sue idee politiche e sociali, e votare a sinistra perché solo i partiti di sinistra si sono presi cura delle persone con il suo orientamento sessuale.

Ranana Leviani, studentessa in un dottorato di filosofia, del Likud, ha detto inoltre che è un vero peccato che in Israele solo il deputato Nitzan Horowitz (sito personale, sito della Knesset) del Meretz abbia fatto il coming-out, perché ci sono migliaia di persone velate, gay e lesbiche, in posizione di potere in Israele, tra cui alcuni ministri (e l'attuale governo è di destra) - secondo loro, l'adesione di molte persone a queste divisioni LGBT nei partiti non di sinistra faciliterebbe loro le cose.

Ciò non vuol dire che le divisioni tra destra e sinistra scompariranno - che continueranno ad esserci lo ha confermato Evan Cohen, lettore di linguistica all'Università di Tel Aviv, e presidente di "Orgoglio (gay) nel Likud"; quando gli è stato rinfacciato che il suo partito opprime le minoranze, così ha risposto (traduco testualmente):
"L'uso di certe parole implica tutti i tipi di presupposti di base erronei. Dovete distinguere tra quelli che vengono chiamati diritti civili, l'eguaglianza ed i diritti nazionali; sono cose completamente diverse. Se ci sono delle comunità che sono una minaccia per la sicurezza o l'ordine costituito, non penso che esse debbano avere i medesimi diritti. Io credo nella piena eguaglianza dei diritti per i cittadini, purché non minaccino la sicurezza dello stato."
"(...) Le persone LGBT che sono cittadine d'israele non vanno in giro indossando cinture esplosive e non sono delle minacce alla sicurezza".
Evidentemente lui non riesce a sfuggire al ragionamento che ha rovinato tutto il Medio Oriente dalla conquista islamica in poi, secondo cui ogni persona è prima appartenente ad una comunità etnico-religiosa, e poi un cittadino - e se la sua comunità non trova grazia agli occhi del governo, tal persona solo per questo vale meno.

Dan Slyper, presidente della divisione gay dei laburisti, ha ricordato la sua esperienza di insegnante di educazione civica (materia bistrattata tanto in Israele quanto in Italia), dicendo che alla ricreazione sente gli alunni dire - in una frase ogni due - "frocio, checca", eccetera, e dice che la legalizzazione delle coppie gay, ad opera di una legge e non solo delle sentenze dei tribunali, cambierebbe tutto questo.

La proposta di legge è stata già presentata alla Knesset, secondo Dan Slyper non cambia lo status quo nei rapporti tra stato ed ebraismo, non aggrava il bilancio dello stato, il Likud ed altri partiti della maggioranza hanno promesso di sostenerlo, e quindi non dovrebbe tardare ad essere approvata definitivamente.

Dan Slyper ha aggiunto che il suo partito ha chiesto al Magen David Adom, l'aderente israeliana alla Federazione Internazionale delle Società della Croce Rossa e della Mezzaluna Rossa, e che gestisce anche le trasfusioni di sangue nel paese, di rimuovere il divieto per gli omosessuali di donare il sangue - aggiungendo che se la presidenza dell'associazione ed il Ministero della Salute non gli danno retta, è pronto a far ricorso all'Alta Corte di Giustizia.

 Raffaele Ladu

lunedì 5 marzo 2012

Precedente mondiale stabilito in Israele


[inglese] http://www.haaretz.com/news/national/israeli-court-recognizes-lesbian-couple-as-biological-mothers-of-child-1.416637

[ebraico] http://www.haaretz.co.il/news/education/1.1656739

Traduco (dall’inglese) perché merita:

(quote)

Un tribunale israeliano riconosce una coppia lesbica come madri biologiche di un bimbo

In una sentenza che crea un precedente, il Tribunale della Famiglia di Ramat Gan critica la pretesa del Ministero dell'Interno che la donatrice dell'ovulo del bimbo faccia domanda di adozione

Il Tribunale della Famiglia di Ramat Gan ha stabilito un precedente decidendo di riconoscere ambo le donne di una coppia lesbica come le madri di un bimbo.

Sei anni fa la coppia lesbica subì un intervento medico con il permesso del Ministero della Salute, in cui l’ovulo di una donna fu fecondato con lo sperma di un donatore anonimo ed impiantato nell’utero della sua partner.

Nel 2007 nacque il loro figlio, ma il Ministero dell’Interno registrò solo colei che lo aveva partorito come madre. Il ministero rifiutò di riconoscere i diritti genitoriali della donna che aveva donato l’ovulo e pretese che ella facesse domanda di adozione. La coppia respinse la pretesa del Ministero dell’Interno, ed invece presentò appello al tribunale chiedendo di riconoscere la donatrice come la seconda madre del bimbo.

Lo stato sostenne che non sarebbe stato possibile riconoscere automaticamente ambo le donne come madri, e sottolineò che prima di approvare la procedura di fertilizzazione era stato chiarito alle appellanti che la donatrice dell’ovulo non sarebbe stata riconosciuta come la madre del bimbo.

Il giudice (donna) Alyssa Miller ha criticato la pretesa dello stato che la donatrice dell’ovulo, “T”, adottasse il bimbo. “Nel caso davanti a noi, T ed il bimbo sono parenti di sangue. Il bimbo è carne e sangue di T”, ha scritto il giudice nel suo verdetto che stabilisce un precedente, “Pertanto non è chiaro come T possa adottarlo, una possibilità che contraddice il senso comune e la sana logica”.

Dopo il verdetto, l’avvocato della coppia ha detto: “Questo è un grande successo. Non è solo un precedente a livello nazionale, ma a livello mondiale”.

Ilan Lior

(unquote)

Nella versione ebraica dell’articolo (l’ho letta con l’aiuto di Google Translate) si riportano il nome dell’avvocato, Na’amah Tzoref Halevy (una donna), e più estesamente la sua dichiarazione:

“E’ un grande successo. Non si ha solo un precedente a livello nazionale, ma anche a livello mondiale; c’è un riconoscimento giuridico di entrambe le madri, che sono sullo stesso piano, senza bisogno di adozione.” Ha detto inoltre che le madri erano molto eccitate dalla sentenza: “Hanno accolto il verdetto con sorpresa. Erano pronte ad una lunga battaglia, e sono state felici che il giudice Alyssa Miller avesse spianato per loro una via molto semplice e facile. Erano molto eccitate dall’umanità e dal coraggio del tribunale ed orgogliose del sistema legale israeliano che riempie le lacune che il legislatore lascia difficili da colmare”.

Lì si trova inoltre una dichiarazione di Nitzan Horowitz, l’unico deputato israeliano dichiaratamente gay, che commenta che “Sì, a passo a passo si sta arrivando verso una regolamentazione dei diritti della comunità gay, ma i passi sono troppo piccoli”, ed aggiunge: “Per fortuna la sana logica della corte non lascia vie di fuga atomiche al Ministero degli Interni del ministro Yishai”, e conclude: “Va ricordato come un trionfo felice ma unico”.

Raffaele Ladu