sabato 3 dicembre 2011

Scegliere tra illuminismo e romanticismo


L'articolo non è nuovissimo, ma è molto utile e per questo lo traduco. Carlo Strenger insegna psicologia all'Università di Tel Aviv, Menachem Loberbaum è il direttore del dipartimento di Filosofia Ebraica, Talmud e Qabbalah all'Università di Tel Aviv.


Pubblicato alle 02:34 19.11.10 Ultimo aggiornamento 02:34 19.11.10
Israele deve scegliere tra Illuminismo e Romanticismo
La destra israeliana sta sempre più tendendo verso la posizione che Israele non deve adottare il linguaggio dei diritti umani individuali accettato oggi nella politica internazionale.

Di Carlo Strenger e Menachem Lorberbaum

Il discorso politico in Israele è governato dall'assunto che Israele deve decidere se essere uno stato occidentale od uno stato ebraico. In apparenza la domanda è: Israele deve essere più ebraico o più democratico? Ed il sottotesto è che questa è una scelta tra uno stato governato dal linguaggio dei diritti umani individuali, o da un linguaggio specificamente ebraico.

L'assunto è falso: Israele non sta per scegliere tra l'essere ebreo o l'essere democratico, ma semmai quale di due tradizioni europee abbracciare: quella dell'illuminismo, con la sua enfasi sui diritti individuali universali e sulla divisione dei poteri, o quella del romanticismo politico con la sua enfasi sul legame tra un'entità chiamata "la nazione" e la terra.

La destra israeliana, in misura sempre maggiore, tende verso la posizione che Israele non dovrebbe adottare il linguaggio dei diritti umani universali accettato oggi nella politica internazionale, ma dovrebbe insistere sul suo diritto ad essere uno stato puramente etnico.

Continua ad insistere sul punto che gli ebrei hanno un diritto inalienabile ad alcune porzioni di territorio, specialmente quelle che sono menzionate nella Bibbia, la gran parte delle quali è in Giudea e Samaria, e che la "dimora nazionale ebraica" non può essere al contempo la dimora di individui di una diversa origine etnica.

La destra israeliana oggi è felicemente ignara (o forse, cosa più spiacevole, ignora volutamente) che essa sta adottando il linguaggio del nazionalismo romantico che attraversò l'europa nell''800 e nella prima metà del '900. Tedeschi, russi e serbi hanno usato proprio questo linguaggio per affermare che avevano un diritto che andava oltre la semplice sovranità politica che trascendeva ogni rivendicazione di un ordine internazionale.

Non c'è niente di "ebraico" nel romanticismo politico - semmai, gli ebrei sono stati tra le sue principali vittime.

Dopo due tremende guerre nella prima metà del '900, l'Europa si rese conto della forza distruttiva del linguaggio politico romantico. Comprese le devastanti conseguenze che produce intendere la sovranità come l'espressione idealizzata del legame di un gruppo etnico con la sua terra. Invece l'Europa ha scelto di fare lo sforzo di definire la sovranità in termini esclusivamente giuridici. Ha capito che l'unica alternativa sostenibile è pensare allo stato come ad un'entità giuridica che offre a tutti coloro che ne sono cittadini i medesimi diritti, qualunque sia la loro origine etnica.

E' per questo che il mondo libero ha preso assai male le rivendicazioni della Serbia che il Kosovo era stato serbo in tempi assai antichi, e che era giunto il momento di raddrizzare il torto fatto ai serbi nella Battaglia di Kosovo Polje nel 1389, e che la Serbia doveva riprendersi la sua patria avita.

Questo sembra sollevare il problema: non è il diritto degli ebrei alla loro patria avita la fondazione del sionismo, e l'unica giustificazione che essi hanno per il loro stato? Non è questa la vera ragione per cui la destra israeliana adotta il romanticismo politico, la credenza che ci sia un qualche profondo legame tra terra, popolo e sovranità? Altrimenti, così si argomenta, non abbiamo diritto di essere qui.

Quest'idea è completamente sbagliata. Uno dei grandi successi della diplomazia sionista classica fu il riconoscimento dato dalle Nazioni Unite alla creazione d'Israele nel 1947. Le Nazioni Unite e la comunità internazionale si resero conto che gli ebrei avevano bisogno e diritto di uno stato da chiamare loro patria, ed in cui soddisfare la loro necessità di autodeterminazione. Non lo hanno fatto perché gli ebrei avevano vissuto nella Palestina storica due millenni fa, ma guardarono ai bisogni ed ai diritti del popolo ebraico oggi. Israele è uno stato internazionalmente riconosciuto, non sulla base della storia antica, ma grazie al riconoscimento di cui gode come parte dell'ordine internazionale legale e politico.

La reazione della destra è: "Non vedi che il mondo sta delegittimando l'esistenza di Israele? Non capisci che non possiamo basarci sulla legittimazione dell'ordine internazionale perché Israele sopravviva? Solo la nostra insistenza che Israele è uno stato etnicamente ebraico può dare giustificazione ad Israele".

Sbagliato ancora. La ragione per cui Israele oggi è così isolato non è che il mondo non riconosce la legittimità di Israele. E' che non accetta che Israele infranga il diritto internazionale; la sua continua occupazione dei palestinesi senza dare loro i diritti che il mondo ha finito con il considerare validi per ogni individuo.

La scelta, pertanto, non è tra uno stato puramente ebraico ed uno stato puramente democratico. E' la scelta tra il romanticismo politico con le sue disastrose conseguenze ed il medesimo ordine giuridico che ha consentito agli ebrei di tornare da protagonisti nella comunità internazionale.

Paradossalmente, coloro che insistono che loro vogliono che Israele sia più ebraico non si rendono conto che stanno appoggiando una concezione europea che è stata abbandonata nel mondo libero, e per delle buone ragioni. E' la sua adozione da parte della destra israeliana che minaccia di fare di Israele un anacronismo.

Traduzione di Raffaele Ladu

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