mercoledì 30 novembre 2011

Giornata mondiale contro l'HIV/AIDS in Israele - 2/2


Aggiornamento del 23.01.2012:

In quest'articolo:

http://milk-open-house.blogspot.com/2012/01/aids-in-israele.html

si riferisce come le compagnie di assicurazione israeliane si rifiutino di stipulare polizze sulla vita di persone HIV+, mentre in Italia è possibilissimo, anche se l'assicurato paga un premio maggiorato, come tutti i malati cronici.

Raffaele Ladu

Aggiornamento del 11.01.2012:

Quest'articolo:

http://www.haaretz.com/print-edition/opinion/fighting-aids-just-isn-t-fashionable-in-israel-2012-1.406380

stima in 6.000 persone (anziché nei 15.600 che avevo stimato io) il numero delle persone HIV+ in Israele; perciò la cifra necessaria a curare costoro alla maniera italiana e da addebitare ad ogni cittadino israeliano scende a poco più di 1,00 EUR al mese.

Non a tutti conviene fare 3aliyah :-(

Raffaele Ladu

Aggiornamento del 10.01.2012:

Ho fatto il test HIV, più per confrontare le modalità italiane con quelle israeliane di effettuazione che per effettiva necessità (dopo avermi sentito raccontare la mia vita sessuale, il medico ha detto che potrei ripetere il test anche fra cinque anni - i miei amici dell'Arcigay hanno riso tutti perché sapevano che cosa significava questo parere).

Però, pur essendo stato io ritenuto a bassissimo rischio di infezione da HIV, il prelievo è stato eseguito, gratis, ed in modo riservato (la struttura chiede il codice fiscale per fatturare le ASL a cui appartiene chi si fa il test - ci sono infatti persone che vengono da molto lontano per meglio tutelare la propria privacy); a Verona (e presumo anche altrove) ci sono anche strutture che svolgono quel test in modo completamente anonimo.

Ho chiesto quanto costa il test HIV, e mi è stato risposto: 10 Euro. Da una serie di calcoli che ho fatto, risulta che prevenire l'AIDS pediatrico (facendo il test a tutte le donne gravide, e sottoponendo tutte le sieropositive a profilassi, che riduce il rischio di contagio a meno dell'1%) ogni anno in Israele costerebbe come curare per dodici anni i bambini sieropositivi che nascono in quell'anno per mancanza di prevenzione - dal tredicesimo anno in poi sarebbe tutto risparmio.

Direi che questo mostra che il sistema politico israeliano è paurosamente miope: anche se fosse lecito pensare ai soldi e non alle persone, le sue scelte si indirizzano verso risparmi immediati e non quelli a lunga scadenza.

Raffaele Ladu

Aggiornamento del 29.12.2011:

Quest'articolo:


avverte che le autorità israeliane hanno aggiunto tre nuovi trattamenti contro l'AIDS, e due medicine contro il melanoma, al "paniere" degli interventi sanitari di base, offerti a tutti i cittadini che pagano il contributo sanitario di base.

Non sappiamo in che misura l'aggiunta giovi alle persone HIV+ e risolva i problemi evidenziati nell'articolo originale.

Raffaele Ladu

Articolo originale:

http://www.haaretz.com/print-edition/features/how-israel-stigmatizes-and-mistreats-aids-sufferers-1.398575

"Il salvagente", di Adam Glassman
Quest'articolo è stato scritto dal Dott. Itzhak Levi, presidente dell'Associazione Israeliana di Medicina dell'AIDS e direttore della clinica AIDS ed MTS del Centro Medico Chaim Sheba di Tel Hashomer (a sud-est di Tel Aviv).

L'autore fa considerazioni amare sulla terapia dell'HIV in Israele, ma va ricordato che, secondo questo sito, la prevalenza di HIV+ nella popolazione generale era nel 2009 dello 0,3% in Italia, e dello 0,2% in Israele - perciò la prevenzione ha funzionato meglio dall'altra parte del Mediterraneo.

Però il Dott. Levi è obbligato a raccontare cose raccapriccianti sul fronte della terapia in Israele.

Mentre in Italia le cose vanno come lui sogna -  ovvero, l'infettivologo ha piena libertà di scegliere il farmaco (o meglio, la combinazione di farmaci) che ritiene più adatta al paziente, dopo averlo sottoposto a tutti i test del caso, compresi quelli di farmacoresistenza e genetici (*) - in Israele si deve per forza cominciare con i farmaci più vecchi, e solo se non hanno successo passare ad altri farmaci.

I vecchi farmaci hanno un grande vantaggio - a causa della loro età costano molto poco; per questo però hanno anche i seri effetti collaterali descritti nell'articolo, e molte persone ospitano virus che ad essi sono ormai resistenti.

Anche se Israele ha scelto per la sua sanità un modello simil-americano (con quattro "Kuppot Cholim = Casse Mutue" in concorrenza fra loro: Clalit, Leumit, Maccabi, Meuhedet), non si deve dare la priorità al bilancio anziché alle persone!

Altra cosa spiacevole è questo paragrafo: "Inoltre, mentre il resto del mondo (compresi i paesi poveri) ha per politica governativa l'incoraggiare le donne gravide a fare il test HIV, il nostro governo è cieco. La politica dichiarata in Israele è che non c'è bisogno di fare il test alle donne che non appartengono ad un gruppo ad alto rischio. Pertanto, ogni anno in Israele nascono cinque bambini portatori dell'HIV la cui infezione si sarebbe potuta facilmente prevenire."

In Italia chiunque può fare il test HIV gratis, in modo anonimo e gratuito, anche se è necessario un colloquio con un medico prima e dopo il test; in Israele, a quanto pare, una donna gravida per fare quel test deve andare alla sua Kuppat Cholim e dichiarare: "Faccio la mignotta" oppure: "Mi faccio tutti i giorni di eroina" (il terzo "gruppo ad alto rischio" nei paesi occidentali, come Italia ed Israele, è dato dagli uomini che fanno sesso con uomini).

Secondo me, anche chi lo fa davvero si guarda bene dal dirlo - anche solo per non crearsi problemi con la Kuppat Cholim (il premio base è uguale per tutti, e la legge vieta alle Kuppot Cholim di rifiutare i pazienti sulla base della loro storia clinica; ma il divieto legale viene spesso comunque aggirato, e le prestazioni aggiuntive fanno parte di pacchetti assicurativi supplementari da pagarsi a parte e che possono essere apertamente negati ai pazienti più problematici - dissimulare quindi spesso conviene).

E qui si giunge alla questione dello stigma, che va oltre la dimensione HIV, ed a cui il Dott. Levi dedica questo paragrafo: "E se tutto questo non bastasse, mentre nel mondo occidentale l'AIDS è uscito dal 'closet' da un bel pezzo, in Israele è tuttora una malattia che molti soffrono in privato. Lo stigma praticamente non è passato e molti portatori preferiscono evitare di esporsi."

Lo stigma induce a comportamenti imprudenti; per esempio, non si rivela di essere HIV+ ai propri partner, casuali od abituali, e non si usa nemmeno il preservativo con questi ultimi per non insospettirli - e così si rischia di contagiarli; oppure, non si approfitta delle opportunità di essere curati se si teme di essere scoperti.

E lo stigma va molto oltre la dimensione HIV, per il semplice motivo che chi stigmatizza le persone HIV+ non dice loro: "Imprudenti!" (che è già un giudizio spesso avventato - dichiarereste "imprudente" la donna che non prendeva precauzioni perché era fedele a suo marito, e non sapeva che lui invece la tradiva?), ma: "Porci!".

Ovvero, lo stigma che colpisce le persone HIV+ è figlio della sessuofobia e fratello dell'omofobia. Gli specialisti del "pinkwashing", che cercano di dipingere Israele (o perlomeno la "bolla di Tel Aviv") come un paradiso per le persone LGBT (e per chi vive il sesso gioiosamente in generale) si trovano confutati dalla persistenza di codesto stigma.

E lo stigma diminuisce il peso politico delle persone HIV+, che diventano così vittime predestinate delle Kuppot Cholim che cercano di quadrare il bilancio. Inoltre, il fatto che le donne gravide debbano dichiararsi "ad alto rischio" per sottoporsi al test HIV è una prova lampante del maschilismo della società israeliana.

E' vero, nel Global Gender Gap Index 2011 Israele è al 55° posto, mentre l'Italia al 74° - ma uno dei modi caratteristici con cui le società esprimono il loro maschilismo è il negare alle donne le cure mediche di cui hanno bisogno per il loro corpo, la loro sessualità e la riproduzione - come se la medicina dovesse essere tarata esclusivamente sulle esigenze del paziente maschio. Negare il test HIV alle donne gravide "non ad alto rischio" che cos'è?

Israele è un paese eccellente nella ricerca biomedica, ma questa ricerca non sempre si traduce in benessere per la popolazione. La sanità italiana ha molte pecche di cui giustamente ci lamentiamo, ma non è per caso che è la seconda del mondo dopo quella francese. Gli israeliani hanno scelto il modello sbagliato.

Raffaele Ladu



(*) esiste anche la profilassi post-esposizione, in cui si interviene entro quattro ore da uno scambio di liquidi biologici (tipici esempi: l'operatore sanitario che si ferisce dopo aver curato una persona HIV+; oppure uno stupro; oppure un preservativo rotto; oppure un banale rapporto sessuale non protetto) per impedire che il virus si radichi nell'organismo; in questo caso, ovviamente, non si ha il tempo di aspettare diversi giorni per i risultati degli esami di laboratorio, e si procede con i farmaci a prima vista più efficaci.

Si consiglia ovviamente di non contare troppo sull'efficacia profilassi post-esposizione, e di usare tutte le norme di prudenza.


(**) Le moderne combinazioni di farmaci, se correttamente assunte, possono rendere il paziente "aviremico", ovvero con meno di 40 copie del virus HIV per millimetro cubico di sangue - il che vuol dire non rilevabili con gli attuali test di laboratorio.

Con una viremia così bassa, il paziente praticamente non è contagioso - e le linee guida svizzere (non le più prudenti linee guida italiane) concludono che può addirittura non usare il preservativo.

Con i vecchi farmaci l'obbiettivo dell'aviremia non si può raggiungere, ed il paziente rimane contagioso.

Spesso si dice: "Israele non ha il denaro per le cure sofisticate che si usano in Italia" - vediamo se è vero.

Il PNL pro capite degli italiani è di 30.500 USD, quello degli israeliani di 29.800 USD, cioè il 97,70% di quello italiano.

Facciamo i conti della serva: in Italia si stima che ci siano 157.000 persone HIV+, e supponiamo che venga loro prescritta la terapia più costosa: 1.300 EUR al mese, interamente a carico del SSN.

Sono un totale di 204.100.000 EUR al mese, che diviso 60.626.400 italiani sono 3,37 EUR al mese di solidarietà con le sorelle ed i fratelli meno fortunati.

In Israele lo 0,2% di persone HIV+ su una popolazione di 7.798.600 persone eqivale a circa 15.600 persone HIV+.

A dare a tutte loro la cura più costosa, si spenderebbero 20.280.000 EUR al mese, ovvero 2,60 EUR per israeliano.

Qualcuno mi spiega perché in Italia nessuno si lamenta del suo obolo mensile di 3,37 EUR, mentre pare politicamente improponibile far pagare ad ogni israeliano 2,60 EUR al mese (il 77,15% dell'obolo italiano pro capite, in un paese che ha il 97,70% del PNL italiano pro capite), sebbene curare i malati sia una grande mitzwah?

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